spettacolo

Una volta in Europa

di John Berger
traduzione Maria Nadotti (Ed.Bollati-Boringheri)
con Licia Maglietta
scene e regia Licia Maglietta
costumi Katia Esposito
luci Cesare Accetta
suono Daghi Rondanini
direzione tecnica Lello Becchimanzi
foto di scena Monica Biancardi

una produzione Teatri Uniti in collaborazione con Asti Teatro - 2005

 

Prima che il papavero fiorisca il suo calice verde è duro come il guscio esterno di una mandorla. Un giorno il guscio si spacca in due. Due sepali verdi cadono sul terreno. Non è una scure a  spaccarlo, semplicemente un  bocciolo appallottolato formato da petali sottili ripiegati come stracci. Via via che gli stracci si dispiegano, il loro colore passa dal rosa pallido al rosso più squillante che si possa trovare nei campi. È come se la forza che spacca in due il calice fosse il bisogno di quel rosso di rendersi visibile, di essere osservato.
John Berger

“La gran parte di ciò che si narra oggi, nei libri, in televisione, al cinema, ha talmente a che fare con questioni di stile (stili di vita, di linguaggio, d’identità) che il clima culturale si è fatto enfaticamente elitario. E così succede che quando compare una storia che invece di parlare di stile, affronta i processi vitali sepolti in profondità dietro la forma, le ci vuole tempo per essere riconosciuta.

…quando dico “bisogno” intendo dire che ci sono cose, aspetti dell’esperienza umana, ancora relativamente inarticolati e che chiedono che sia data loro la voce di cui sono privi.
…il libro non è altro che una storia. Una tra le tante storie possibili. Come ogni altra storia, le persone che l’hanno vissuta sono uniche. Ed è per questo che le ho amate, come tu ami le tue.
…la posizione, la prospettiva da cui parto e la voce da usare è la voce di una donna in volo con un deltaplano, nell’aria.”

La questione per Berger è sempre la stessa. Trovare la voce della storia. Quanto a me, è difficile trovare le parole per dire quali parti hanno dato voce a Odile e a quale memoria ho attinto. So che Odile è scivolata nella mia pelle e ho avuto la necessità di ascoltarla e farla vivere. Il luogo in cui si svolge la storia, questa volta il cielo, l’aria, mi ha dato la possibilità di togliere dalla scena qualsiasi oggetto. È rimasto soltanto un sottilissimo filo nero che  lega Odile al deltaplano. Il resto è cielo che ho trattato come una tela su cui traspaiono colori e luce.

Licia Maglietta

 

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