spettacolo

La firma

di Václav Havel

con Enrico Ianniello e Tony Laudadio
regia Francesco Saponaro
scene Alberto Guarriello, Francesco Saponaro
foto di Fabio Esposito
direzione tecnica Lello Becchimanzi

una produzione Teatri Uniti / Onorevole Teatro Casertano - 2001

 

Scritta nel 1978, nell’anno di libertà dal carcere in cui sarà poi costretto a rientrare fino all’83, La firma sembra rappresentare l’alter ego teatrale di Havel (Vanêk) alle prese con un collega asservito, per incondizionato lealismo, per amore del quieto vivere, per ignavia ed utilitarismo, al potere di regime. Vanêk è l’incarnazione di un ‘senza potere’ (nell’atto unico è fisicamente malconcio e gli mancano persino le scarpe), non imbraccia un fucile e non impugna alcun giudizio. Eppure la sua sola presenza, quasi silenziosa, smaschera l’ambiente e basta a suscitare nell’interlocutore Stanêk un odio profondo. L‘uno costringe l’altro ad un disperato monologo con la propria coscienza. Stanêk, scribacchino su ordinazione della pseudocultura televisiva, così corposo e invadente, così ipocritamente sicuro di sé, esplode alla fine nell’assurda accusa rivolta a Vanêk, lo scrittore dissidente, di essere un delatore e lo scontro tragico sembra inevitabile. Ma ecco che il telefono squilla per annunciarci che tutta la faccenda è finita in una ‘bolla di sapone’ e che il destino – come fa sempre con tutti i vili – lo ha graziato impedendogli di affrontare la realtà. Nonostante i suoi ragionamenti capziosi, Stanêk non può fare nient’altro che tornare a coltivare magnolie nel suo giardino. Non è più il caso di decidere se firmare o meno la petizione per la scarcerazione di un noto cantante rock, implicato in una improvvida avventura sentimentale con sua figlia, per cui egli stesso aveva richiesto l’intervento dello scrittore dissidente. Sebbene intrisa di quella comicità sottile tipica dell’autore, ciò che appare entusiasmante ne La firma è la misura con cui Havel tratta questa vicenda che ha chiaramente un fondo serio e addirittura tragico, sfumato da un’ironia asciutta e tagliente.

Francesco Saponaro

 

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